Uno dei capisaldi della nostra filosofia è riassumibile nel concetto
Il Programmatic non è un “canale” o un “tool” ma un approccio, una filosofia nell’utilizzo dei media
Questo frase che sembra un po’ astratta e puramente filosofica in realtà ha 2 implicazioni pratiche, che dovrebbero diventare assiomi:
1. devi comprare una impression solo se un dato da qualche parte ti ha detto di farlo
2. ogni impression che eroghi deve restituire un feedback alla tua pianificazione.
In verità addirittura vuol dire che il piano stesso viene dissolto come concetto a favore di una campagna “fluida” che si auto-regola in base ai dati.
Ma non andiamo troppo avanti. Iniziamo da qualche esempio concreto.
La maggior parte delle aziende che incontriamo si ritrova in uno di questi scenari:
- pensa di non essere attiva sul Programmatic e di non sapere da dove iniziare
- è convinta invece di averlo già adottato al 100%.
Il che, data la novità del settore e la rapida evoluzione, si dovrebbe già capire essere uno scenario improbabile.
NON FACCIAMO PROGRAMMATIC E NON SAPPIAMO COME FARE
Di norma questa frase non è vera. Tutte le aziende che sono attive nel advertising digitale sono mediamente impegnate almeno in 1 forma di Programmatic.
Terra terra, vuol dire che se stai facendo Retargeting (o Remarketing nel caso di Google) oppure stai usando le Audience di Google “Intento” o “Custom” nella rete Display di AdWords, allora stai facendo una parte di Programmatic senza saperlo o senza pensarci.Oppure se stai acquistando attraverso Doubleclick, AdWords o Facebook tramite la interfaccia, in senso strettamente tecnico stai comprando Programmatic.
Soprattutto nel caso di Facebook:
- stai acquistando attraverso un “desk” ovvero il tool di Facebook Ads (o di una terza parte)
- stai comprando in base ai dati, in questo caso quelli proprietari di Facebook.
Attenzione però, perché questa non è una buona notizia. Se stai facendo solo quello, non stai facendo davvero Programmatic, e più sotto ti spiego perché.
NOI FACCIAMO GIA’ PROGRAMMATIC CON…
Devo dire che è difficile in Italia trovare aziende che oltre ad usare i tool abbiano davvero sposato la filosofia e stiano usando gli strumenti con un approccio strategico.
Proprio perché è una filosofia e un approccio e non un tool o un canale, quello che conta è come usi un canale e non solo dove stai acquistando e come.
Da un lato come visto sopra abbiamo le aziende che pianificano solo usando piattaforme nativamente programmatiche come Google o Facebook senza “rendersene conto”.
L’estremo opposto è rappresentato da quelle aziende che invece sono “convinte” di essere nel programmatic perché nelle righe dei loro report in Excel ce ne è una con:
Programmatic | (nome DSP)
Come se il Programmatic fosse un “canale” o un “mezzo” e il tool fosse la concessionaria.
Dal nostro punto di vista possiamo invece dire che stai facendo davvero Programmatic in modo strategico solo se stai comprando:
- una audience e non una impression o un clic
- Perché un dato ti ha indicato una impression da acquistare
- Se stai guardando a metriche come costo / engagement e non cpm o cpc
Questo ultimo punto è molto importante.
METRICHE E KPI
Vediamo tantissime aziende utilizzare come KPI:
- CPM
- CPC
Dovreste sapere quanto sia facile manipolare il valore di CPM e di CPC di una campagna per farli abbassare artificiosamente.
Anzi capita fin troppo spesso che il Programmatic venga usato proprio solo come metodo per abbassare il CPM medio di una pianificazione e renderla così più potabile.
La prima cosa che dovrebbe essere fatta è avere un modello di Analytics che permetta di fare report in base ad un KPI che sia qualcosa come un Costo per Single User Engaged
Questo può voler dire cose diverse per situazioni e campagne diverse, ma per fare un esempio, un clic può essere considerato engaged (con diversi livelli di ingaggio):
- se ha un tempo di permanenza superiore a 3 secondi
- se compie una “interaction” scroll, focus…
- e così via.
Se solo per le vostre campagne provaste a resettare i report calcolando invece del CPC “lordo” il costo per singolo user engaged (raggruppando quindi anche i clic da più device e da più canali), di solito la faccia del report di campagna cambia drasticamente.
Questo aprirebbe anche il tema dei sistemi di attribuzione (o attribution model) che però è tema di un altro articolo.
Sempre per evidenziare come in realtà questo sia un modello di approccio e non un “tool” questo stesso concetto è presente nel sistema degli “smart goal” di Google Analytics.
Da molti anni (lo trovate spiegato anche nel libro di uno dei partner di Kahuna, Marco Fontebasso) è stato introdotto da diversi autori, il concetto di micro-conversion, ovvero di micro azioni propedeutiche alla reale “conversione obiettivo” di una campagna (o di un sito).
Gli Smart Goals di Google Analytics permettono di progettare una serie di micro obiettivi pre-conversione che consentono di accorciare il tempo di analisi di una campagna attraverso la analisi di quei comportamenti che predicono la conversione finale.
Questo è importante per esempio negli e-commerce, nelle assicurazioni… in tutte quelle situazioni in cui il tempo e il numero di visite pre-goal sono elevati.
Quindi, per ricollegarsi al caposaldo numero 2
ogni impression che eroghi deve restituire un feedback alla tua pianificazione.
Due feedback devono “tornare” alla pianificazione (alla DSP o alla DMP):
- user engaged / user not engaged per evolvere il targeting
- insight sugli user “converter” per migliorare la audience obiettivo.
Questo per raffinare il modello che la campagna (la DSP tecnicamente) utilizza per acquistare, ma in realtà anche per evolvere la strategia nel suo complesso.
E questo ci porta alla importanza sottovalutata, specie per chi sviluppa un volume di traffico importante dei dati di prima parte. Invece spesso quella dovrebbe essere in verità la modalità con la quale iniziare il percorso di una adozione strategica del programmatic.
Organizzare i propri dati utente così da poterli usare per “profilare” e raffinare le proprie audience nel tempo. Questi vengono definiti in gergo “dati di prima parte”.
In questa pagina del nostro sito trovi uno schema degli attori coinvolti:
http://kahuna.guru/perche-usare-il-programmatic/
Una DMP proprietaria è in grado di organizzare tutti questi insight per costruire delle audience (interne ed esterne) che siano classificate in base agli interessi / cluster dell’inserzionsta.
Una DMP “terza” invece è qualcuno che grazie ai propri dati proprietari è in grado di qualificare le impression altrui (attaccandosi ad ad exchange) o “filtrare” i cookie / id altrui così da fare delle audience più precise in sede di planning.
DMP “terze” e provider di dati “di terze parti” non sono esattamente la stessa cosa, ma anche questo è un argomento per un approfondimento a parte.
Per fare un esempio concreto:
LinkedIn oltre ad essere un “publisher” può permettere di filtrare impression o target grazie ai propri dati per usarli come “filtro” per ogni impression online e non solo sulle proprie property.
Questo evidenzia come i dati di pianificazione siano utili e come si possano disaccoppiare DATI e IMPRESSION.
Grazie ai dati di LinkedIn, ora ogni impression su un altro Sito o App (Business Insider per esempio) cambia completamente di valore perché viene valorizzata dai dati di terza parte (in questo caso da LinkedIn), sommando dei dati di contesto (quali area geografica…) possiamo creare una occasione di pianificazione che altrimenti non era possibile.Oltre a quelli demografici anche i dati di intento / geo sono molto interessanti.
DOVE CI PORTA QUESTA EVOLUZIONE
Questo fronte nei prossimi anni diventerà essenziale. Ricordiamoci che negli usa già nel 2016 il 70% del Adv. display è stato comprato ed erogato in questo modo.
3 grossi trend sono in atto in questo momento a livello globale che suggeriscono quanto questo approccio strategico diventerà fondamentale nei prossimi anni.
APERTURA A TERZI DELL’ AD EXCHANGE GOOGLE
Dal prossimo Maggio inizierà la beta pubblica della apertura del AdX di Google alle DSP terze.
Fino ad oggi le property di Google + rete Display, che ricordiamolo in Italia arrivano all’86% di reach, erano accessibili solo tramite i prodotti Google (AdWords e Doubleclick). A breve si potrà lavorare in header bidding a parità anche tramite altre DSP (Rocket Fuel, RadiumOne…).
APERTURA DI FACEBOOK AUDIENCE AGLI AD EXCHANGE
La mossa di Google è stata anche reazione all’annnuncio di poche settimane prima da parte di Facebook di voler aprire agli Ad Exchange terzi l’accesso al proprio Audience Network.
Dando anche la possibilità di “unire” i dati di Facebook con quelli di questi altri al fine di targeting delle campagne; tra questi Amazon e AppNexus. In sostanza permettere di pianificare “come su Facebook” su ogni altra property.
SVILUPPO DI TRADING DESK PERSONALIZZATI
Accenture negli Usa ha acquistato un Trading Desk (pensatelo – semplificando – come ad AdWords per le DSP ovvero la interfaccia di utilizzo del sistema di bidding) e lo ha trasformato nel framework con cui sta vendendo a top spender la costruzione di trading desk personalizzati secondo le proprie logiche e esigenze (soprattutto multi canale e di collegamento con i profili raccolti con le DMP).
COSA IMPLICANO QUESTI 3 TREND?
Si sta disegnando un mondo in cui l’adv (e non solo “internet”) viene acquistato:
- sulla base di DMP e di provider di dati di terza parte
- tramite uso di trading desk che “semplifichino” l’uso delle Dsp e le rendano più allineata alle regole di pianificazione del singolo inserzionista
- attraverso un ecosistema aperto.
Insomma davvero un mondo molto diverso da quello attuale.
Immagina un contesto in cui
- la audience target di ogni tuo prodotto è pre programmata su una “intranet” aziendale e deve solo essere attivata come una parola chiave in Adwords
- Tale audience è sempre evoluta e aggiornata in base al comportamento degli utenti che davvero acquistano i tuoi prodotti (e non solo da te ma anche su Amazon o nella GDO) da potenti Dmp multi canale
- La campagna viene generata dinamicamente per formato o per canale dal “kit” di prodotto
Questo scenario non è così lontano da quanto è reso possibile già oggi dalle 3 evoluzioni dette sopra e dall’uso di Dmp e dati di terza parte.
COSA E’ POSSIBILE OTTENERE CON UN USO STRATEGICO DEL PROGRAMMATIC OGGI?
Se vuoi sapere cosa può aiutarti a fare il Programmatic attraverso un approccio strategico o l’utilizzo di una DMP, Kahuna ti aiuta ad acquisire più velocemente competenze e best practice nella tua divisione marketing e comunicazione.
“CORPORATE PROGRAMMATIC TRAINING”
Si tratta di un training aziendale personalizzato dedicato alla direzione ed al marketing il cui unico scopo è (prima di ogni decisione di acquisto o di pianificazione) quello di:
- trasferire il know how sullo stato dell’arte del Programmatic
- creare un preciso percorso di formazione per le varie figure
- disegnare una roadmap di adozione degli strumenti per lo specifico caso (settore, criticità…).
Una modalità di formazione mista fra workshop e project work in cui la tematica viene pre-digerita così da condensare le cose fondamentali da sapere (e solo quelle “curando” il contenuto massivo altrimenti da assorbire sul tema), e metterle di fronte alla figura aziendale più corretta per ogni aspetto (marketing, media…).
Velocizzando così di molto la comprensione, la adozione eventuale e facilitando la relazione con i vari attori del mercato.
Se vuoi sapere come funziona in dettaglio il Programmatic Corporate Training di Kahuna, contattaci, indicando il tuo interesse nel tema e sarà nostra cura farti avere l’esatta descrizione del percorso.
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